Il gioco del Calcio è lo sport nazionale per eccellenza non solo in Italia; l'unico che unisce in un comune sentimento di entusiasmo e partecipazione tutte le fasce sociali e che riesce ad inchiodare l'attenzione ben prima e ben dopo l'ora e mezza di durata della partita. Che sia il mezzo televisivo o la visione diretta a comunicare le immagini del gioco, l'eccitazione del pubblico si mantiene sempre ad un livello molto alto e la tensione quasi mai si acquieta con la fine del gioco ma lo trascende e ha modo di scaricarsi, a volte molto lentamente, nelle strade cittadine, coinvolgendo anche chi l'incontro agonistico non l'ha guardato. E' un gioco che, proiettato oltre gli Stadi ufficiali, si reinventa quotidianamente nelle migliaia di campi sportivi più o meno improvvisati, nelle scuole e nei cortili delle case, ovunque si ritrovino un gruppo di ragazzi intorno ad un pallone.
L'intramontabile fascino del gioco del Calcio si concentra su due elementi fondamentali, uno piccolo ma di grande attrazione, il pallone, l'altro enorme e dominante, lo stadio. Tra questi due termini, minimo e massimo, si collocano i giocatori e il pubblico dei tifosi, i primi animano attivamente il gioco, i secondi seguono i movimenti dei primi senza perderli di vista un istante, li incitano ed è come se li sospingessero con la loro fortissima carica emotiva. Un tifoso non è solo un osservatore ma, nel sentimento collettivo di partecipazione all'evento sportivo, diventa un corpo e un'anima sola con i giocatori ed è come se anche lui, solo o insieme a tanti non importa, riesca a determinare le sorti agonistiche. Questo fenomeno sociale, sebbene antico, almeno dai primi decenni del secolo scorso fa parte integrante del nostro universo quotidiano, delle manie collettive, dei bisogni primari di molti di noi. Registrare questo fenomeno, con lo spirito di con-partecipazione, con la serena ottica dell'interesse culturale, con l'acuta indagine della curiosità è la sfida che hanno lanciato, nel tempo, giornalisti, fotografi, sociologi, filosofi, letterati ed anche ... artisti. E perché no, dal momento che l'arte, volutamente o inconsciamente, elabora, interpreta e trasmette tutti gli elementi di novità, di trasgressione, di alienazione e di immedesimazione collettiva? E si può anche ricordare che sono stati proprio gli artisti i primi "reporter sportivi" e che, senza voler risalire all'antica Grecia, nell'Italia rinascimentale sono stati gli artisti a rappresentare con disegni ed incisioni le regole, che piano piano si venivano a codificare, del gioco del pallone1.
Intenzione di questo saggio, tuttavia, non è elaborare una storia della rappresentazione artistica del gioco del Calcio, bensì esaminarne la vitalità in epoca più recente, e direi contemporanea, soprattutto per evidenziarne quei caratteri che eludono una mera, seppur erudita e sapiente, descrittività e, invece, si mescolano con un "sentire" quotidiano degli artisti che è, fondamentalmente, attenzione alla complessità del fenomeno calcistico, al suo essere abilità ludica, passione, gioia e immedesimazione. Proprio per questo motivo, perché il tema è in continua elaborazione e non è escluso che travalichi anche l'attuale fenomenologia, ho inteso iniziare il commento sulla interpretazione artistica dell'evento dalle ultime battute anziché dalle più remote, in una sorta di lettura a ritroso del tema del Calcio nell'arte italiana, perché più evidente sia la crescente coralità con la quale il fenomeno si esprime nei tempi più recenti e anche più approfondita l'analisi di contenuto e di immagine che gli artisti di oggi ne compiono.
E inizio, infatti, con un'artista delle ultime generazioni, Grazia Toderi, e con le riflessioni sul "tempio" del Calcio, lo Stadio, a commento del suo primo video ispirato al gioco del pallone, Il decollo, esposto alla Biennale di Venezia del 1999. .
"L'anello dello Stadio è uno spazio antico e perfetto di spettacolo, chiuso da mura, come una città medievale, ma aperto verso il cielo. Si crea al suo interno una comunità che si aggrega nella metafora del gioco, dove le regole sono completamente traslate dalla realtà e reinventate. Il gioco, che apparteneva all'infanzia dell'uomo, viene ripreso e amplificato e si sostituisce per un tempo determinato alla realtà quotidiana. Il conflitto a sua volta viene riportato alla condizione di gioco e nobilitato dall'aspetto agonistico, regolato da leggi che ognuno riconosce e accetta ..."2. Nell'opera di Toderi, messaggio visivo di lunga durata, lo Stadio ormai vuoto conserva ed amplifica l'eco del tifo tumultuoso che l'ha animato; esso esiste perché quell'animazione continua ad esistere quale essenza subliminare del gioco: spazio moderno dove si consuma ancora il rito ludico antico.
Tra gli artisti che più recentemente si sono dedicati al Calcio e che adottano medium più tradizionali, molti hanno cercato di superare la descrittività che pure l'argomento in sé offre, per porlo invece come spunto di riflessione poetica; è il caso dello scultore Vanni Penone e dell'audace scorcio del suo Calciatore in rovesciata del 1997, scultura classica quanto a materia (marmo di Carrara) e tecnica, carica di profonda poesia del movimento; gesto antico e nuovo che sostanzia il sentimento atavico del ludus. .
Trasfigurazione del campo di calcio è l'opera di Mario Schifano Abita a casa del diavolo (1990); l'uomo-artista ha assorbito il messaggio mediatico e gioca a ricomporlo fuori dal contesto, reinventa lo spazio del gioco, che diviene ora dimensione del "suo" gioco, lo investe di un significato fantastico; dal gioco del Calcio Schifano ha tratto lo spunto per una delle sue tante storie da raccontare. .
All'aspetto di "cartellone", di immagine visivamente invasiva, realizzata attraverso un puzzle di forme colorate, Ugo Nespolo delega il messaggio pseudopubblicitario che del gioco del Calcio vuole trasmettere. Le sue tavole, eseguite per i Mondiali del 1990, hanno infatti il titolo di Sport e colori; sdrammatizzare il tema e ridurlo ad un codice di facile e immediata lettura è l'obiettivo di Nespolo. Caricarlo di un falso significato mitico fino a dedicare ad esso un ironico monumento è, invece, quello di Valeriano Trubbiani. Pallamonumento (1987) sintetizza tutti gli elementi allusivi al gioco (pallone, scarpino, rete di contenimento del pubblico) e simbolici della velocità della sua azione (le farfalle) e li pone su un basamento di statua antica, dove due piedi frammentari riprendono il colore della carne al confronto con l'idolo moderno: il pallone. .
La stessa sottile ironia anima il collage Logogrifo e palloni di Ezio Gribaudo del 1980; gioco fantastico dell'artista sul mito del gioco del pallone, enigmatico e ammiccante: quante possibili combinazioni di puzzle dentro la struttura a gabbia della palla? Linguaggi ermetici, fascinosi, inquietanti e intriganti quelli utilizzati da Trubbiani e Gribaudo (ma in fondo anche Emilio Tadini e Agenore Fabbri si muovono in questa direzione), che pongono il fenomeno calcistico nella dimensione dell'intellettualità, del giocare sul gioco, volutamente lontana dalle implicazioni esistenziali, di relazione sociale, che il Calcio comporta. .
Il rapporto calciatori-pubblico è diventato, invece, uno dei temi più noti e ricorrenti in tutto l'arco dell'attività di Titina Maselli. Lo spunto dal quale l'artista parte non è né la conoscenza delle regole né la passione personale per tale particolare sport; si tratta, al contrario, dell'esaltazione del movimento fisico e del suo compenetrarsi con il tumultuoso sfondo stereoscopico dello Stadio: una sorta di comunicazione fibrillante di energia fisica e psichica incontenibili che tendono, nelle tele dell'artista, di dimensioni sempre molto grandi, ad evocare anche la confusione acustica dello Stadio, inteso come una sorta di grande organismo pulsante, carico di forze propulsive; è un momento di intensa e complessa realtà quello che Maselli ferma; non un fotogramma di una pellicola cinematografica (alla ripresa cinematografica spesso la sua arte è stata associata) ma un procedimento inverso, di sovrapposizione di tutti i fotogrammi possibili nella concentrazione massima dell'azione (Calciatori in azione, 1959; Tramonto nello stadio, 1973; Partita di calcio, 1982-84). E ancora procedimento di sovrapposizione e compenetrazione è quello utilizzato negli anni settanta nelle opere che assimilano i grattacieli di New York al campo sportivo, così come la sferzante velocità di attraversamento del treno metropolitano all'amplificazione visiva del trasporto del calciatore ferito (Treno, grattacielo, calciatore ferito, 1977). .
Completamente opposta è l'analisi che un grande pittore del neorealismo come Renato Guttuso compie sul gioco del Calcio. Inizialmente, siamo negli anni sessanta, i soggetti sportivi sono pretesti per illustrare la realtà sociale italiana in tutti i suoi aspetti, anche quelli politicamente meno impegnati. Ma Guttuso riconosce l'impegno e quindi la dignità dell'esistere anche allo sport e in primis alle discipline più popolari quali il calcio e la boxe. Cosa interessa Guttuso: catturare l'azione dei calciatori, spesso isolata, per renderne la tecnica operativa, l'esercizio muscolare e l'azione sportiva. Anche se in gruppo, i suoi calciatori non sono caratterizzati fisionomicamente, sono estranei tra loro e tanto più lo sono al pubblico che li osserva (Calciatori, 1965). Anche la Folla sportiva (1965), e non poteva essere altrimenti in un artista come Guttuso, colta nei suoi svariati e curiosi atteggiamenti, diventa protagonista assoluta in due grandi pannelli che ne esaltano la forza espressiva e che sono un altro dei momenti del Calcio, momento che il pittore guarda a parte, spia quasi nascosto al suo interno. Nel 1982, allorché la vittoria degli azzurri nei Mondiali di Spagna entusiasmò intellettuali ed artisti intorno al tema, Guttuso si cimenta in una grande composizione, Ritmi di Calciatori, per la quale esegue decine di studi preparatori; sono, anche in questo caso azioni isolate, tutte però protese alla conclusione: il goal o la parata. Si tratta di una celebrazione del Calcio e di un omaggio a quei calciatori divenuti mitici personaggi dello sport internazionale, Zoff, Zigo, Falcao, nell'ottica del rapporto diretto con il reale e non con la farsa. E' un omaggio all'epopea calcistica, saga di quell'aspetto della modernità italiana, sano e popolare.
Concentrata sull'azione che elude, fino ad escluderla, la forma è l'opera scultorea di un artista che ha operato fuori dai grandi circuiti espositivi e che molto si è dedicato ai temi sportivi, il versiliese Ugo Guidi. Il Portiere del 1963, realizzato in tufo, è una efficacissima sintesi di movimento e azione in una dimensione ridotta. Stesso felice effetto ludico mantengono le piccole terrecotte, Calciatore e Calciatori, del 1972. .
In quegli stessi anni sessanta in cui Maselli e Guttuso elaboravano dal dato reale i loro differenti approcci al tema sportivo, Dino Boschi apriva il suo ciclo sui calciatori e sulle partite di Calcio; le sue sono composizioni che emulano quelle diffuse dai mass-media nel ruolo di immagini-simbolo, proiezioni della tensione collettiva del gioco e tendono a porre in luce la spersonalizzazione del singolo individuo e la sua riduzione a uomo-numero in nome di una azione che, essendo di gruppo, annulla l'individualità e diviene perfetta esecuzione tecnica, accettata universalmente (L'Urlo, 1964; Uomini e numeri, 1965). Già nel 1967, con l'inizio dei motivi del reticolato oltre il quale sono posti gli spettatori (Osservanti li definisce l'artista), Boschi pone l'accento sulla massificazione del pubblico di fronte all'evento sportivo e sulla sua muta assoggettazione a ciò che succede sul campo. Il pallone è l'idolo, il solo protagonista dell'evento sportivo, mentre l'arena dove si consuma il moderno sacrificio umano non è sul prato verde, piuttosto oltre gli spalti, dove un pubblico anonimo segue succube lo spettacolo. All'inizio degli anni settanta la tematica dello Stadio assurge, nelle Pale laiche di Boschi, a rituale drammatico, quasi religioso, regolato da una vera e propria liturgia di gesti e azioni. Quella di Boschi è partecipazione polemica; nel 1979 l'artista verrà invitato ad esporre alla rassegna "La violenza delegata" sul tema della violenza negli Stadi. .
Anni cinquanta: il dopoguerra cede piano piano il posto alla normalizzazione; il Calcio si vive sempre di più fuori dagli Stadi ufficiali, in spazi improvvisati, dove l'evento sportivo assume carattere di popolarità quasi rustica, di semplicità agonistica, di gioco-passatempo della domenica. I dipinti di Giovanni Omiccioli (Partita di calcio in periferia, 1949) e di Mimì Quilici Buzzacchi (Giochi, 1952) respirano un'aria quasi naïf, di riconciliazione dell'evento sportivo con la vita di tutti i giorni, nella quale comincia ad entrare così di sottecchi come divertimento fuori dell'agóne, come bisogno fisico e psicologico di svago, tutto immerso nel povero paesaggio campestre che fa da dichiarato contesto. .
Si tratta per il gioco del Calcio di una rinascita dal ba